Il 29 aprile scorso il Sole 24 Ore pubblicava una recensione di Giorgio Barba Navaretti al libro mio e di Marco Passarella, “L’austerità è di destra. E sta distruggendo l’Europa”.
Oggi, 13 maggio 2012, Il Sole 24 Ore ha pubblicato una mia risposta a Barba Navaretti e una sua ulteriore replica.
La discussione intorno al libro dunque prosegue e si arricchisce. Fa anche piacere notare che, dopo il primo intervento di Barba, il dibattito sia maggiormente entrato nel merito dei nodi analitici che contraddistinguono le rispettive posizioni, nostre e del collega. Avremo modo sicuramente di esaminare in dettaglio i punti controversi di questo come di altri scambi. Mi limito per adesso a rilevare un fatto. Nella sua replica, Barba Navaretti dichiara che “la Germania è competitiva nonostante salari elevati”. Il problema, come Barba sa bene, è che la dinamica relativa delle competitività non si basa sui livelli ma sui saggi di variazione dei salari. A questo riguardo, nel nostro libro ricordiamo che tra il 2000 e il 2010 i salari nominali tedeschi sono cresciuti di appena l’undici percento, a fronte di un aumento medio nella zona euro del ventisette percento; e che, nel medesimo periodo, nella zona euro i salari reali sono cresciuti del cinque e mezzo percento, a fronte di una crescita zero in Germania (fonte AMECO EU Commission). I dati dunque chiariscono in modo inequivocabile che la competitività tedesca non è semplicemente il risultato di una maggiore efficienza, ma è anche determinata da una prolungata deflazione relativa dei salari. In un simile scenario, in cui il paese più forte pratica anche una concorrenza al ribasso sui salari, la tesi di Barba secondo cui i paesi deboli potrebbero accrescere la competitività tramite aumenti di produttività, senza abbattere le retribuzioni, risulta francamente una chimera. Se Barba insiste nel ritenere che la Germania non debba contribuire al riequilibrio competitivo – accettando più inflazione e magari meccanismi di coordinamento europeo della contrattazione salariale – allora l’unica soluzione che gli resta è quella evocata da Olivier Blanchard: un crollo dei salari nominali nei paesi periferici. Crollo che, ad avviso mio e di altri, porterà a una deflazione devastante. Il tempo ci aiuterà a verificare e ad approfondire.
Emiliano Brancaccio
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