Brancaccio: “Non illudiamoci, la Germania dopo le elezioni non cambierà linea”

ilsussidiario, 13 agosto 2013

“Anche dopo le elezioni di settembre la Germania non volterà pagina rispetto all’austerity. I tedeschi hanno tratto benefici dalla crisi, e anche se la stessa Bundesbank esprime riserve sull’indirizzo generale della politica economica europea, Berlino non ha interesse a cambiare rotta”. Lo afferma Emiliano Brancaccio, ricercatore e docente di Fondamenti di economia politica all’Università del Sannio. Un rapporto della Bundesbank ha affermato che la Grecia avrà bisogno di nuovi aiuti entro la primavera del 2014, criticando in modo indiretto ma chiaro le politiche di Angela Merkel.

Brancaccio, come si spiegano le critiche della Bundesbank alla Merkel?

In Germania da circa due anni si sviluppa una dialettica che vede la Bundesbank scettica sull’efficacia della politica economica europea. La banca centrale tedesca dichiara di pretendere più rigore dai paesi che chiedono aiuti per coprire i loro debiti, ma ormai sembra trattarsi solo di una scusa, di un paravento. In realtà la Bundesbank incarna la posizione di coloro che nutrono dubbi crescenti sulla futura sopravvivenza della zona euro.

Da quali constatazioni emergono questi dubbi?

Dal fatto che l’austerity sta mancando i suoi obiettivi. Nel corso degli anni 2000, con il beneplacito dei mercati finanziari e delle principali banche europee, la Grecia ha potuto accumulare debiti verso l’estero che raggiungevano punte del 18% annuo rispetto al Pil, e che non erano quasi mai inferiori al 10%. All’epoca gli operatori sui mercati finanziari erano euforici, e i creditori erano ottimisti sulle possibilità di rimborso dei prestiti. Gli economisti che lanciavano allarmi sulla insostenibilità di quei debiti non venivano ascoltati. Ora però gli umori sono cambiati. I creditori pretendono che la Grecia ribalti la sua posizione verso l’estero e inizi a pagare subito i debiti. Secondo i suoi fautori, la politica di “austerity” dovrebbe servire esattamente a questo scopo: far crollare i redditi e quindi anche le importazioni dei greci, così tanto da trasformare l’indebitamento estero del paese in un surplus. Ma i dati ci dicono che non ci sta riuscendo.

Perché?

Dalle previsioni della Commissione Ue emerge che la Grecia, nonostante i sacrifici dell’austerity, non sarà in grado di assorbire il suo indebitamento verso l’estero, né quest’anno né l’anno prossimo: nel 2014 si prevede ancora un deficit verso l’estero dell’1,7%. Intanto, il Paese ha ormai raggiunto tassi di disoccupazione del 27% nel 2013, e si prevede che nel 2014 non andrà sotto il 26%. La verità è che, avallando le politiche di austerità, stiamo solo contribuendo a distruggere l’economia greca senza riuscire a ribaltare la sua posizione verso l’estero.

Erogare nuovi aiuti alla Grecia può produrre effetti positivi?

Non nei termini attuali. I finanziamenti erogati dalle istituzioni Ue e dalla Bce a favore della Grecia e di altri Paesi periferici richiedono come contropartita tremende politiche di austerità. Ma questo scambio è contraddittorio: tali politiche infatti deprimono la spesa interna e fanno quindi crollare la produzione e i redditi dei Paesi periferici a tal punto da rendere più difficile il rimborso dei debiti.

Perché la Bundesbank, pur rendendosi conto che le politiche Ue non funzionano, continua a ergersi a baluardo dell’austerità?

Perché non ha interesse a cambiare linea. Dobbiamo renderci conto del fatto che la crisi europea è fortemente asimmetrica. Mentre i Paesi periferici, come Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e Irlanda, hanno perso dall’inizio della crisi a oggi 6 milioni di posti di lavoro, la Germania non ha risentito in misura equivalente della crisi. Anzi, dal 2008 al 2012 i posti di lavoro in Germania sono addirittura aumentati di 1,5 milioni di unità. Per quanto si possa prendere atto del fatto che l’austerità non risolverà la crisi europea, al tempo stesso non c’è un motivo politico per pensare che la Germania sia disposta a cambiare strada.

Però il crollo delle esportazioni nell’area Ue, secondo l’Fmi, farà sì che quest’anno la crescita tedesca si fermerà allo 0,3%. Anche la Germania inizia a pagare il conto?

Senza dubbio l’economia tedesca si è sviluppata per anni sulla base di un meccanismo che non funziona più. I creditori internazionali, in larga misura tedeschi, finanziavano l’indebitamento pubblico e privato dei Paesi periferici. Questi ultimi, a loro volta, usavano buona parte dei prestiti per importare merci dalla Germania. E’ questo il meccanismo attraverso cui, dalla nascita dell’euro, la Germania ha potuto prosperare.

Per quali motivi questo meccanismo si è inceppato?

Perché è un meccanismo asimmetrico, che alimenta gli squilibri tra creditori e debitori. Prima o poi era destinato a esplodere. Sicuramente la Germania risente del fatto che non può più basarsi su di esso. Ma non dobbiamo illuderci che Berlino per questo dia il suo via libera a una stagione di politiche espansive in Europa. Alcuni commentatori auspicano che dopo le elezioni tedesche si possa intravedere una svolta. In particolare, sperano che la Germania accetti finalmente di comprare merci dall’estero in modo da risollevare le vendite e i redditi dei paesi periferici. Su queste speranze personalmente resto scettico. I tedeschi non hanno mai agito da locomotiva della domanda europea: al contrario, hanno sempre preteso di farsi trainare dalla domanda proveniente dall’estero. La crisi li colpisce troppo poco per pensare che cambieranno repentinamente strategia.

 

(intervista di Pietro Vernizzi)