Luigi Einaudi sosteneva che la valutazione dell’idoneità, della competenza e del merito di un laureato non potesse essere stabilita in base al famigerato “pezzo di carta” sancito dallo Stato, ma dovesse piuttosto essere affidata alla logica del mercato. Questa visione si basa sull’idea liberista che la domanda del mercato si orienti sempre verso i servizi offerti dai soggetti realmente competenti, e rappresenti quindi il criterio più efficiente per premiare il merito. In base a questa idea, Einaudi esortava gli italiani a prendere esempio dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, paesi in cui prevale una selezione di mercato, e il valore legale dei titoli di studio è inesistente o comunque molto limitato. Ma sarà poi vero che i paesi anglosassoni sono quelli realmente in grado di premiare il merito delle persone, indipendentemente dalle provenienze familiari e dai privilegi di classe? I dati dell’OCSE dicono in realtà esattamente il contrario, con buona pace degli apologeti del liberismo universitario e del “sogno americano”. Emiliano Brancaccio (Università del Sannio) intervistato da Andrea Vianello
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