“L’austerità è di destra” su Le Monde diplomatique

La Grecia, un inquietante preludio

Austerity, pareggio di bilancio, fiscal compact, taglio della spesa pubblica: termini contabili e finanziari martellati dai media mainstream e istituzioni che manipolano il dibattito politico e impediscono un confronto reale sulla razionalità delle scelte economiche dei governi. Pur non funzionando dappertutto dove sono state attuate, ed a seguito di  Merkel, Draghi, Monti , l’opinione  – prevalente ancora poco fa –  era che queste politiche dolorose ci avrebbero salvati dal baratro della speculazione, del panico finanziario, del fallimento e quindi della povertà. Questo breve saggio scritto da due ricercatori italiani ha due grandi meriti che ne fanno un’opera di salute pubblica. In un linguaggio limpidissimo, decifra per il cittadino comune le dispute teoriche alla base delle politiche di austerità e propone una lettura economica, politica e europea alternativa.

«Il fascino discreto dell’austerity che sta trascinando gran parte dell’Europa in un inatteso scivolamento verso condizioni di povertà in mezzo a un immane spreco di forze produttive disponibili poggia su una serie di pregiudizi e modi di pensare radicati nell’accademia, nell’opinione pubblica e nelle banche centrali». Per Brancaccio e Passarella, le politiche di austerità stanno contribuendo al crollo delle capacità di spesa di famiglie e imprese, e alla caduta conseguente della produzione, dell’occupazione e dei redditi. Con l’effetto di aumentare il rapporto tra i debiti e i redditi, anziché ridurlo. Tra le cause dell’equivoco intorno agli effetti dell’austerity gli autori si soffermano sul pregiudizio diffuso che induce a interpretare la complessa realtà economica sottesa al bilancio dello Stato come se si trattasse di un semplice bilancio familiare; senza comprendere che la stretta sul bilancio pubblico, a differenza di quella sul bilancio della singola famiglia, produce effetti depressivi sull’intero sistema economico. Proseguendo dunque con le politiche di austerità, la tremenda crisi della Grecia potrebbe rivelarsi, per l’intera Europa, un «inquietante preludio piuttosto che un’eccezione», col rischio di assistere a un processo di «mezzogiornificazione» di vastissime aree dell’Unione europea. Esistono delle alternative? La risposta degli autori trae spunto da una lettura innovativa di Keynes, ed è affermativa. Un ridimensionamento del ruolo della finanza attraverso un sistema di controllo dei capitali, l’attivazione di un «motore interno» della domanda e dell’occupazione attraverso gli strumenti della pianificazione pubblica, e l’adozione di uno «standard retributivo» che interrompa la perniciosa gara al ribasso dei salari in Europa, sono alcune tra le proposte avanzate. In assenza di simili provvedimenti, la stessa sopravvivenza della moneta unica «potrebbe rivelarsi una chimera». Un’uscita pilotata dall’Euro dei paesi del Sud Europa, e una ridefinizione degli accordi di libero movimento dei capitali, potrebbero a quel punto costituire l’unica opzione praticabile.La conclusione è senza appello: «Le sinistre europee dovrebbero abbandonare la pia illusione di poter salvaguardare i diritti civili mentre una competizione capitalistica senza freni comprime i diritti sociali. Se si intende impedire all’austerità di destra di sospingerci nel tunnel della distruzione politica dell’Unione europea, è necessario la chiara esplicitazione di una strategia di uscita del fallimento dell’Europa di Maastricht».Il volume è corredato da una bibliografia ragionata, per il lettore intenzionato ad approfondire le dispute teoriche alla base delle scelte politiche del nostro tempo.

 Pierre Jestin*


  *Recensione pubblicata su Le Monde diplomatique del 14 febbraio 2013

Emiliano Brancaccio e Marco Passarella
L’AUSTERITA’ E’ DI DESTRA
E sta distruggendo l’Europa
Il Saggiatore, Milano 2012, euro 13

 

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