IL MATTINO – 2 marzo 2013
Il fallimento dell’austerità, i possibili effetti sui salari di una deflagrazione della zona euro e il Sud Italia come caso emblematico della “mezzogiornificazione” europea. Intervista a Emiliano Brancaccio
di Gianni Colucci
«Il Sud Italia è diventato un caso emblematico: rappresenta i rischi che corre l’intero Sud Europa senza investimenti pubblici e politiche industriali». Emiliano Brancaccio insegna economia politica all’Università del Sannio e legge i dati dell’Istat.
Al Sud più «agghiaccianti»?
«Da diversi anni accadeva che quando c’era ripresa economica il Nord ne beneficiava mentre il Sud rimaneva al palo. In caso di stagnazione economica il Nord reggeva e il Sud cadeva in depressione. Ora sta accadendo su scala allargata, a livello europeo: l’Italia e gli altri paesi del Sud Europa pagano carissima la crisi mentre la Germania regge il colpo. Dal 2007 al 2012 Italia e Sud Europa hanno perso 5 milioni di posti di lavoro e la Germania ne ha guadagnati 1,5. In tempi non sospetti, l’economista Krugman ha parlato non a caso di “mezzogiornificazione” europea».
Servono investimenti? Vanno rotti i vincoli di bilancio?
«Le politiche di austerità stanno contribuendo all’aggravamento della crisi nella zona euro e in Italia. Evidenza riconosciuta da molti premi Nobel e persino dal Fondo monetario internazionale: la restrizione della spesa pubblica e l’aumento della tassazione aggravano la caduta dei redditi e rendono difficile il rimborso dei debiti, pubblici e privati».
I dati istat confermano?
«Chiariscono la fallacia dell’opinione secondo cui l’austerità risana i bilanci».
Quindi andiamo a discutere a Bruxelles?
«Non so se ci saranno i margini. Di sicuro il pareggio in recessione lega le mani alle autorità di politica economica. Si ridiscutano i vincoli europei oppure si fa concreta la deflagrazione della moneta unica».
Il cittadino cosa rischia?
«Se si rimane nei vincoli europei aumentano le tasse e diminuisce la spesa pubblica e quindi i redditi e le possibilità di spesa si ridurranno ancora, l’occupazione diminuirà, e per lo stato sarà sempre più difficile reperire risorse fiscali».
Altrimenti?
«Uscendo dalla zona euro i singoli stati potrebbero tornare a stampare moneta. A date condizioni ciò potrebbe favorire acquisti, produzione e occupazione; ma così si svaluterebbe pure la moneta, con effetti negativi o meno sui salari a seconda che siano o meno protetti dall’inflazione. È tutto da vedere».
La crisi politica impedisce di scegliere una strada?
«Senza un governo che decida siamo indubbiamente più esposti alla speculazione. Però un dato dalle urne è già uscito: chi ha votato per Grillo e Berlusconi è più scettico degli altri rispetto all’eurozona e all’austerity».
Si riequilibra il tutto con la “decrescita” evocata da Grillo?
«Se si tratta del concetto di “decrescita felice”, la definizione è mutuata dai libri di Serge Latouche. Per essere credibile richiederebbe la pianificazione statale. In altre condizioni la decrescita è una sciocchezza ed è solo infelice».
Anche il reddito di cittadinanza appare un ’utopia?
«Di sicuro i tagli di cui tanto si parla, alla politica, alle indennità, alle auto blu, alle residenze della “casta”, non coprirebbero la spesa necessaria. Senza una messa in discussione dei vincoli europei sarà difficile per tutti far quadrare i conti della politica economica».