Il Foglio, 22 e 24 aprile 2014
[…] Un marxista anti euro più ortodosso appare Emiliano Brancaccio, ricercatore confermato in Economia politica e professore aggregato di Fondamenti di economia politica e di Economia del lavoro presso l’Università del Sannio. Già attivo in Attac e nel Comitato promotore del referendum per l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, autore del pamphlet “L’austerità è di destra”, il suo argomentare è bene esemplificato dall’analisi: “Marchionne non è né buono né cattivo: egli è solo una equazione, è una mera funzione del meccanismo di riproduzione del capitale”. Puro vintage ideologico. D’altra parte lui non è per la fuoriuscita dall’euro a ogni costo, dal momento che distingue con sublime raffinatezza analitica tra una modalità d’uscita “gattopardesca, di stampo liberista e liberoscambista, che si limiterebbe ad affidare i tassi di cambio al gioco erratico delle forze del mercato”, e una “di sinistra”, definibile anche statuale e protezionista, per mettere in discussione il mercato unico, ipotizzare la nazionalizzazione del sistema bancario, e mirare soprattutto a salvaguardare le retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Cominternista. Se il marxismo non gli ha impedito di scrivere sul Sole 24 Ore e sul Financial Times, la collaborazione a questi noti fogli dell’oligarchia finanziaria internazionale non gli ha impedito di ricevere una proposta di candidatura da parte della Lista Tsipras. Ma ha rifiutato. Primo, perché giudica importante restare all’università, pure se del Sannio. Secondo, perché si dice contrario ai “fatui fuochi dell’individualismo narcisistico, il cui nefasto corrispettivo politico è sempre costituito dal leaderismo plebiscitario”. Terzo perché, personalizzazione a parte, la Lista Tsipras non gli sembrava aver ben trovato una sua collocazione rispetto all’“orrendo trittico” dell’attuale scenario politico: “Al centro l’arrocco intorno alle leve del potere dei pasdaran favorevoli all’euro e all’austerity; al fianco di quell’arrocco la comparsa di un nuovo liberismo gattopardesco, pronto a sbarazzarsi dell’euro pur di proseguire con le politiche di smantellamento dei diritti sociali; e infine, all’orizzonte, l’avanzata in certi casi poderosa di nuove forze ultranazionaliste e xenofobe”. […] (tratto da “La carica dei freak no euro” di Maurizio Stefanini, Il Foglio, 22 aprile 2014).
Al direttore – In un articolo pubblicato martedì su queste colonne, Maurizio Stefanini sembrava non capacitarsi del fatto che il sottoscritto, etichettato in modo un po’ pittoresco come “marxista anti euro”, abbia pubblicato in varie occasioni sulle padronali testate del Sole 24 Ore e del Financial Times. Pareva anche incuriosito dal fatto che, in compagnia di qualche manciata di illustri esponenti del mainstream accademico, abbiamo in questi mesi dimostrato che è possibile esprimere un certo qual scetticismo nei confronti della sostenibilità dell’Eurozona senza bisogno di sbraitare o lanciare anatemi contro il complotto plutocratico. Il Vostro, infine, ha catalogato come “puro vintage ideologico” il suggerimento del sottoscritto di valutare Marchionne in termini analitici, appena un po’ più articolati rispetto alla candida nonché comoda dicotomia “buono versus cattivo”. Senza ironia mi vien da scrivere che il Foglio è un interessante giornale aspirante padronale, ma non sarà che per agguantare l’agognata meta abbiate bisogno di (ri)leggere proprio Marx? Emiliano Brancaccio – Università del Sannio (“lettere al direttore”, Il Foglio, 24 aprile 2014).