31 luglio 2014
In una intervista rilasciata a l’Espresso qualche giorno fa, nel commentare la politica economica del governo avevo anche espresso un giudizio negativo sull’ipotesi di una ulteriore manovra fiscale nel 2014: «Una restrizione ulteriore del bilancio sarebbe una follia. Tagliare ancora la spesa e insistere con la pressione fiscale non può che aggravare gli effetti depressivi delle manovre precedenti». In tutta franchezza non immaginavo che tale osservazione, in sé banalissima, potesse incontrare obiezioni. Ed invece, sempre su l’Espresso, il responsabile economia del PD Filippo Taddei ha replicato: «Sugli effetti depressivi dei tagli alla spesa vorrei che fossimo chiari: se fai una revisione della spesa che taglia inefficienze e redistribuisce risorse dai più protetti ai meno protetti, come si può argomentare che sia recessiva?».
Ora, se Taddei davvero ritiene che una nuova stretta di bilancio nell’ordine dei 25 miliardi non avrebbe ulteriori effetti recessivi, posso solo supporre che egli sia una vittima ritardataria della cosiddetta “austerità espansiva”, ossia dell’idea secondo cui i tagli di bilancio accrescono la fiducia dei mercati e stimolano la ripresa economica. Avanzata originariamente da Alberto Alesina ed altri, questa fantasiosa dottrina è stata in realtà più volte smentita dai fatti ed appare ormai alquanto screditata in ambito scientifico. Basti notare che oltre ad esser criticata dai firmatari del “monito degli economisti”, dal premio Nobel Paul Krugman e da larghissima parte della comunità accademica internazionale, la tesi dell’austerità espansiva registra un calo di consensi anche nelle istituzioni: persino il capo economista del FMI oggi riconosce che l’impatto recessivo dei tagli al bilancio pubblico era stato gravemente sottostimato. E fa un certo effetto notare che pure Carlo Cottarelli, prima di diventare “Mr. Spending review” – sia pure facendo un po’ di confusione tra effetti di “breve” e di “lungo periodo” – arrivò ad ammettere che l’austerity può provocare cadute consistenti del Pil. Forse Taddei farebbe bene a scambiare due parole con Cottarelli anche su questo punto.
Se invece Taddei suppone che il declamato e mai pienamente verificato effetto distributivo della manovra possa più che compensare il suo impatto recessivo, la domanda è semplicissima: il responsabile economia del PD ha una vaga idea dello spostamento di reddito che sarebbe necessario per far sì che l’effetto depressivo dei tagli possa esser compensato dall’impatto espansivo dell’annunciata redistribuzione? Caro Taddei, sarà bene che Lei rifaccia due conti prima di contestare l’ovvio.
Emiliano Brancaccio