Econopoly – Il Sole 24 Ore, 16 maggio 2016
di Emiliano Brancaccio e Thomas Fazi
Per quale motivo le politiche espansive della BCE non riescono ad allontanare l’Europa dal precipizio della deflazione? Studi recenti, pubblicati sul Journal of Post Keynesian Economics e sul Cambridge Journal of Economics, suggeriscono che le autorità monetarie non sono in grado di controllare la spesa aggregata, e quindi non possono governare l’andamento del reddito o dell’inflazione. Il vero ruolo del banchiere centrale, piuttosto, consiste nella regolazione del ritmo delle insolvenze e dei conseguenti processi di liquidazione e “centralizzazione” dei capitali. Anziché attardarsi su target d’inflazione impossibili, è proprio sul problema delle insolvenze e della “centralizzazione” che il dibattito di politica monetaria dovrebbe maggiormente concentrarsi.
Le politiche monetarie “non convenzionali” non stanno dando i risultati sperati. Il quantitative easing, così come le manovre tese a portare i tassi d’interesse nominali verso lo zero o addirittura a livelli negativi, non appaiono in grado di sospingere l’inflazione e la crescita del PIL verso il loro sentiero “normale”, né sembrano capaci di allontanare le principali economie avanzate dal precipizio della deflazione. L’Unione monetaria europea è in questo senso un caso esemplare. La BCE ha abbattuto il costo del denaro e ha accresciuto la liquidità in circolazione in una misura impensabile prima dell’inizio della crisi. Ciò nonostante, l’inflazione dell’eurozona è addirittura tornata in territorio negativo e non vi è certezza sulla possibilità che arrivi almeno ad azzerarsi alla fine dell’anno. […]