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CATASTROFE O RIVOLUZIONE
Catastrophe or revolution
Saggio estratto da Il Ponte (6/2020), anticipazione del nuovo libro di Emiliano Brancaccio con Giacomo Russo Spena, “Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione”, Meltemi edizioni (in uscita a dicembre)
Emiliano Brancaccio
L’ex capo economista del Fondo monetario internazionale ha sostenuto che per scongiurare una futura “catastrofe” serve una “rivoluzione” keynesiana della politica economica. La sua tesi viene qui criticata sulla base di un metodo di indagine del processo storico definito «legge di riproduzione e tendenza del capitale». Da questo criterio di ricerca scaturisce una previsione: la libertà del capitale e la sua tendenza a centralizzarsi in sempre meno mani costituiscono una minaccia per le altre libertà e per le stesse istituzioni liberaldemocratiche. Per scongiurare una simile prospettiva Keynes non basta, come non basta invocare un reddito. L’unica rivoluzione in grado di prevenire una catastrofe dei diritti risiede nel recupero e nel rilancio della più forte leva nella storia delle lotte politiche: la pianificazione collettiva, intesa questa volta come inedito fattore di sviluppo della libera individualità sociale e di un nuovo tipo umano liberato. Una sfida che mette in discussione un’intera architettura di credenze e impone una riflessione a tutti i movimenti di lotta e di emancipazione del nostro tempo, tuttora chiusi nell’angusto recinto di un paradigma liberale già in crisi.
The former chief economist of the IMF argued that a Keynesian “revolution” is needed to prevent a future “catastrophe”. His thesis is criticized here on the basis of a scientific investigation of the historical process called “law of reproduction and tendency of capital”. A prediction arises from this research: the freedom of capital and its tendency to centralize in fewer and fewer hands represent a threat to other freedoms and to the liberal democratic institutions. With such a prospect, it is not enough to invoke Keynes or a basic income. The only revolution capable of preventing a catastrophe of rights lies in the relaunching of the strongest lever in the history of political struggles: collective planning, conceived this time in the new sense of development factor of free social individuality and of a new liberated human kind. A challenge that requires a rethinking of all the movements of struggle and emancipation of our time, still closed in the narrow enclosure of a neoliberal paradigm already in crisis.
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